lunedì, febbraio 08, 2010

Quel pasticciaccio brutto della tariffa rifiuti

Il tempo passa e il pasticcio riguardo alle modalità di pagamento del servizio di gestione dei rifiuti si complica sempre più. Non fosse bastato il problema sollevato con la sentenza della Corte Costituzionale che la scorsa estate ha decretato l'illegittimità dell'applicazione dell'Iva sulla tariffa d'igiene urbana (adottata sino ad ora, in via del tutto volontaria, da circa 1200 comuni) su cui ancora non si è deciso come e se effettuare i rimborsi, adesso è la vecchia Tarsu, che persiste in quasi l'85% dei comuni, che potrebbe essere considerata illegittima.

Il garbuglio nasce dall'avvicendarsi di norme che prevedono tempi e modalità diverse nel passaggio dalla tassa alla tariffa per il servizio d'igiene urbana, senza che si sia provveduto ad aggiornare i rispettivi decreti e regolamenti attuativi.

Ma andiamo per ordine.

La tariffa viene istituita con il cosiddetto decreto Ronchi (Dlgs 22/97), che prevedeva un regime transitorio per ottemperare a questo passaggio, considerato necessario per permettere ai comuni di raggiungere la piena copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani e di mettere a punto un sistema di contabilità separata, condizione necessaria per l'applicazione della tariffa.

Gran parte dei comuni, infatti, coprivano con la Tarsu (e continuano a farlo tuttora) solo parte dei costi del servizio, mentre la rimanente parte viene ricavata dalla contabilità generale.

Il regime transitorio veniva indicato nel regolamento attuativo della Tia, ovvero il Dpr 158/99, in un periodo di otto anni, pertanto tutti i comuni avrebbero dovuto adottare il passaggio al sistema tariffario a partire dal 1 gennaio 2008; termine poi prorogato di anno in anno sino al giugno 2010.

Il Dpr 158/99 descrive le modalità di calcolo della tariffa che vien concepita con una struttura binomia, cioè composta da una quota fissa determinata in base alle componenti essenziali del servizio e da una quota variabile rapportata alla quantità di rifiuti conferiti e alla qualità dei servizi erogati. Inoltre i costi da coprire attraverso il regime tariffario sono ripartiti, secondo criteri razionali, tra due macrocategorie d'utenza - domestica e non domestica - e per fasce territoriali omogenee. Sempre lo stesso Dpr, prevedendo un periodo graduale e transitorio pone anche i tempi di abrogazione (sempre quindi al 1 gennaio 2008) di una altro provvedimento normativo che inseriva- intanto- alcune possibilità di modulare la tassa rifiuti sulla base di particolari esigenze del servizio (come ad esempio le agevolazioni per i single, le famiglie numerose ecc).

Ma con l'approvazione del testo unico ambientale, il dlgs 152/2006, viene abrogata la Tia prevista dal decreto Ronchi, se ne introduce una nuova e si prevede l'emanazione di decreti che avrebbero dovuto regolamentare il nuovo sistema tariffario, mantenendo la validità delle discipline regolamentari vigenti sino alla loro pubblicazione. Quindi sino a che non vengono varati i nuovi regolamenti valgono quelli precedenti, ovvero il Dpr 158/99 che prevede a partire dal 1 gennaio 2008 (prorogato sino al 2010) il passaggio obbligatorio a tariffa per tutti i comuni.

Questo significa che i comuni dovrebbero ottemperare al passaggio dalla tarsu alla tia senza avere un regolamento per poterlo fare: il nuovo non esiste e il vecchio è abrogato.

Ma c'è di più, se già questo pasticcio non fosse ancora sufficiente.

Il Dlgs 4/2008, che modifica a sua volta il testo unico ambientale, dispone con l'art.195, l'applicazione generalizzata e obbligatoria di una nuova tariffa, dedicata, questa volta, ai soli operatori economici.

Anche in questo caso per poterla applicare si prevedeva la definizione di un regolamento in merito alla assimilazione ai rifiuti urbani, dei rifiuti prodotti da attività produttive, escludendone alcune specifiche categorie che vengono elencate.

Dopodiché ai rifiuti assimilati, secondo quanto previsto dalla nuova norma, si doveva applicare esclusivamente una tariffazione per le quantità conferite al servizio di gestione dei rifiuti urbani.

Il termine previsto per l'istituzione del prelievo era, all'inizio, di un anno, con scadenza a febbraio 2009. Anche questa scadenza è stata prorogata prima di sei mesi e poi di altri sei, quindi dovrebbe entrare in vigore entro questo mese di febbraio.

E non si esclude che questa nuova contabilità possa essere invocata anche in quei comuni che ancora hanno in piedi il regime di tarsu, senza quindi alcuna distinzione tra costi fissi e costi variabili.

Dunque un problema appresso all'altro, scadenze che si intrecciano e su cui sembrerebbe non dovessero avere più effetto le eventuali proroghe perché mancano i regolamenti attuativi con la conseguenza che su un settore fondamentale per un paese civile come quello della gestione dei rifiuti, anziché aumentare la chiarezza e la certezza delle norme di riferimento, quello che aumenta è solo il caos.

Fonte: greenreport

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